Davide è uno dei più promettenti e originali ibridatori di rose in Italia e non solo. Per lui creare nuove rose non è solo un mestiere o una passione, è una vera e propria espressione artistica.
Rosemania lo ha intervistato.

Quando ti sei innamorato delle rose?
Sono cresciuto in un ambiente stimolante: tra la campagna, il giardino e l’orto. Sono stato sempre innamorato della natura, delle piante e degli animali nonostante I miei genitori non avessero un’azienda agricola. Ricordo che nel giardino di casa vi erano delle rose a grandi fiori, ma quando all’istituto di agraria scoprii che avevano organizzato un roseto con tantissime varietà che non avevo mai visto, rimasi stregato da tanta bellezza di forme e odori!
Dove hai mosso I primi passi nel mondo della Rosa?
Nel cercare di capire da dove arrivassero quelle rose di cui mi ero innamorato, scoprii che a qualche chilometro di casa aveva aperto un vivaio che recuperava proprio rose storiche. Nel tempo libero da studente iniziai così a frequentare quel luogo: un’esperienza decisamente formativa e costruttiva che durò una decina d’anni, sto parlando proprio del vivaio La Campanella.
Come ha influito l’incontro con Rolando Zandri nel tuo percorso?
Conobbi, Rolando Zandri quando venne a portare dei suoi ibridi nel vivaio dove collaboravo, ormai più di 20 anni fa. Ero molto attratto dalla parte creativa e sebbene avessi già iniziato a fare degli incroci la sua conoscenza tecnica da allora fu fondamentale per darmi un certo metodo. Lui è un tecnico rosaista nonché un ottimo giardiniere, lavorò per il comune di Roma proprio come responsabile del verde pubblico ma soprattutto fu il referente per un lungo periodo del roseto comunale, dove si tengono annualmente I concorsi internazionali per nuove rose. Per me è come un padre.
Come hai aperto la tua attività?
Nel 2009 una mia varietà che partecipava ai concorsi per nuove rose a Monza, vinse come migliore rosa Italiana. Avevo 24 anni e non pensavo che un semenzale spedito quasi per gioco potesse aver raggiunto un bel punteggio. Questo fatto segnò per me un grande periodo di cambiamento che portò all’apetura nel 2011 della mia attività indipendente, il vivaio Novaspina, con l’intento di proporre rose e iris di propria selezione.
Dal giorno in cui aprii l’attività arrivarono dei nuovi ospiti, che non mi persero mai più di vista. Si chiamano: Burocrazia, cinghiali, cambiamento climatico.
A questi amici poco simpatici, preferisco la compagnia di quelli di vecchia data: inventiva, produzione, selezione, creatività, colori, odori.
Per far coesistere e lavorare insieme tutti questi “ospiti” il vivaio viene concepito in doppio: c’è una parte che seleziona, produce e testa e una parte che moltiplica e vende.
Questo ha permesso di crescere gradualmente in qualità e originalità di proposta, rientrando così anche in diversi cataloghi di aziende sia italiane che estere.
Quali caratteristiche vuoi ottenere dai tuoi prossimi ibridi che mancano dalle varietà in commercio?
È difficile comprendere quale possa essere la tipologia “del futuro” in uno scenario di così continuo e rapido cambiamento di gusti, tendenze, abitudini delle persone.
Sicuramente nella mia visione c’è l’intento di proporre delle varietà pensate e studiate per una precisa collocazione invece che considerare solo il fiore in se.
In antitesi con le preferenze più intramontabili per i grandi fiori, bisognerebbe forse considerare maggiormente la decoratività e la versatilità di rosai di sviluppo più contenuto come miniature, striscianti, floribunde, che possano tollerare anche una vita in vaso.
Quindi il tuo catalogo non insegue per forza il gusto del pubblico?
Il mio catalogo offre una ampia scelta secondo una suddivisione molto classica per rispondere proprio alle diverse esigenze, ma contiene volutamente delle categorie più sperimentali e alternative, che racchiudono forme, fogliami e portamenti inusuali.
La linea delle Agresti Hedge, è formata da ibridi a partire da rosai storici, sono piante con il portamento della rosa Gallica, ma con il fiore e i petali delle moderne, fiori più grandi. Sono rose non rifiorenti: una vera sfida. Alcune di queste sono Andrea Gabrieli, Giovani Croce, Gesualdo da Venosa.



Un’altra categoria si chiama Agresti Home. Sono delle floribunde, ad esempio: Libereso Guglielmi, Peace in You, Baby Kikko, perfette per aiuole sempre fiorite.



Ci sono poi anche diverse rampicanti sia a grandi fiori che a piccoli fiori, tra l’altro ben profumate e dai rami flessibili. Moscalbò ha visto anche il premio ADR in Germania, (È una selezione estremamente severa per valutare la resistenza ambientale di una rosa).

La linea delle ValoROSE invece sono rose con forma di fiore antico, arbustive o cespuglio, rifiorenti che hanno la forma dei fiori ricca di petali e a coppa, a rappresentare delle grandi gonne di antiche dame viste da sotto, Portano nomi di donne del passato o del presente che rischiano di essere dimenticate come Rosalba Carriera, Tintoretta, Lavinia Fontana.



Non mancano poi dei grandi fiori, in particolare Aroma, ha vinto molti premi soprattutto per il profumo.

E le rose indiane?
Sono una presenza nuova in Italia. Le rose indiane hanno una genetica molto diversa da quella che possiamo immaginarci. Ho conosciuto la signora Viraraghavan, è venuta qui a Padova nel 2024. Il lavoro svolto dai coniugi indiani potrebbe essere molto utile per sviluppare delle nuove linee future a partire dalla Gigantea.
Le più soddisfacenti tra le loro rose sono Faith Whittlesey, Maura la Cava, Spot On (una sanguinea che cambia colore), Legend Akira Ogawa (Ibrido di Levigata rosae), Lechenault Delatour solo per citarne alcune.


